Questo è un atto d'accusa
Verso tutti coloro che si definiscono "animalisti", che magari fanno anche attivismo e che si impegnano anche molto per certi tipi di animali ma poi ne mangiano altri
Non ci possono più essere scuse né giustificazioni
Non potete mangiare animali!
... ... ...
Leggete come dovrebbe essere la vita di una comunità di maiali e scrofe, e fate nascere in voi la rabbia per come abbiamo ridotto, noi umani, questi animali, per come li abbiamo resi schiavi e fatti vivere in un inferno solo per avere un panino al prosciutto
Noi, che gli animali non li mangiamo, non siamo degli eroi
Come lo facciamo noi, possono farlo tutti, perché non è una cosa così strana, o difficile
E' solo un atto dovuto
Un atto d'amore per loro e per la nostra coscienza
Potete farlo anche voi
Da subito
Una sera c'era stata una di quelle nevicate improvvise, quelle che arrivano dall'est, quando alla mattina c'è il sole e nel giro di un paio d'ore ti trovi il cielo coperto e trenta centimetri di neve. Le galline non erano rientrate come al solito nella loro casina e temetti subito un assalto delle faine, anche se di giorno era strano. Presa la torcia ho provato a cercarle nel prato, a chiamarle, e con mia sorpresa le ho trovate disperse qua e là, sparpagliate nel candido della neve fresca; accoccolate e tremanti sotto la luce della torcia e il pallore della luna che si faceva di nuovo vedere tra le fronde nere degli alberi. Si sono fatte prendere docilmente, e stringendomele al petto potevo sentire il loro cuoricino battere forte per poi tranquillizzarsi. Quando erano di nuovo tutte nella loro casetta e le guardavo sistemarsi per la nanna, ho provato forse per la prima volta, intensamente, la vergogna di un "buon brodo di gallina". Ho capito che non sono tanto diverse dai gatti o dai cani, che non sono "carne", ma creature capaci di emozioni, paure e felicità come ogni essere su questa Terra.
Se non ti giri dall'altra parte, se non chiudi la porta...
Se guardi, ma davvero, con gli occhi e con il cuore...
Se ascolti...
Se trovi la forza di uccidere il bastardo che è in te, che è in ognuno di noi... quel bastardo che ti dice di farti i cazzi tuoi, di goderti di vita e di fottertene di tutto il resto...
Se trovi in te la forza di mandarlo all'inferno, allora e solo allora vedrai il mondo per quello che è. Sentirai sulla tua gola la lama del coltello, tuo il sangue versato sul lurido pavimento di un macello; sentirai nel tuo corpo i veleni che uccidono migliaia di innocenti nei laboratori. Sentirai i pungoli e le fruste, patirai il freddo e la solitudine che altri patiscono per il più stupido dei divertimenti. Sentirai le bastonate che uccidono barbaramente i tuoi figli e tuo sarà l'urlo disperato della madre che si perde tra i ghiacci. Come tuo sarà il cuore che batte impazzito braccato dai cani fino a che una pallottola lo squacerà.
Soffrirai, soffrirai tremendamente e vorresti chiudere gli occhi e svegliarti dall'incubo. Ma non potrai. Se sei un essere umano ed hai un cuore non potrai mai più.
Allora piangerai, ma presto capirai che piangere non serve e non basta; che è troppo facile e che non allevierà la tua disperazione né salverà mai una sola vita.
Capirai di essere in guerra: una guerra terribile e sommamente vigliacca che dura da migliaia di anni. E sceglierai da che parte stare. Lavorerai, ti sfiancherai, ci metterai tutto te stesso, tutte le tue forze e la tua intelligenza per lottare, per salvarne quanti più possibile, per far capire agli altri quello che tu ormai hai capito.
Sbaglierai, subirai sconfitte. Ne vedrai tanti, troppi cadere, e pregherai, e le mani sporche di terra non asciugheranno le tue lacrime. Ti sentirai impotente e incapace, ti dirai mille volte che non ce la farai mai...
Ma andrai avanti lo stesso e non mollerai. Perché ormai sei un uomo.
Dopo la pioggia, tra l'erba bagnata quella piccola lumachina che porta a spasso il suo fragile guscio non dovrà temere il tuo passo prepotente. E ne sarai felice. Felice di essere dalla parte della giustizia, del rispetto, della vita.
Non mi ricordo il momento esatto in cui ho cominciato a capire qualcosa: eppure deve esserci stato perchè c’è sempre un inizio nelle cose. O forse iniziano dove c’è già qualcosa, e ti accorgi che esistono quando sono già grandi? Forse è stato da bambino, quando dovevo mangiare il bollito, con quei nervetti che sentivo viscidi sotto i denti, quella pelle spessa, dura, biancastra che si sfilacciava elastica, a fatica, sotto il coltello: tanto quanto la polpa, ma allora si doveva mangiare tutto e gli avanzi non andavano bene. Chissà perchè ai cuccioli d’uomo raramente piace la carne, mentre se invece la dai a un gattino ne va matto? Poi al bollito, come a tutte le cose, ti abitui e diventi una persona normale.
La prima volta che ho sentito la parola “vegetariano” ho pensato a un piatto di verdure, oltretutto crude, chissà perchè. Vegetariano però vuol dire niente carne, che è già una cosa più seria; parecchio più seria a pensarci bene. Niente carne è una cosa enorme: la carne c’è dappertutto e mica solo in cucina: c’è nella letteratura, nel cinema, nella pittura, nel quotidiano di ciascuno, davvero dappertutto e da sempre. Ma come si fa a dire “niente carne”? Certo che io non ammazzerei mai una gallina ma il petto di pollo sì, quello lo mangiavo, come pure il prosciutto, l’arrosto e il tonno in scatola.
La mia gallina no, le altre si; il mio gatto (proprio) no, ma in Cina si, li mangiano. Bhè, cominciavo a pensarci, cominciavo a pensare che fosse un fatto di cultura, e mica da poco. Che bella contraddizione stava venendo fuori! Sapere e sentire. Lo sappiamo tutti che il pollo del supermercato non è un derivato del petrolio e che prima di finire in padella doveva essere una gallina viva. Lo sappiamo e lo consideriamo “normale”, inevitabile, necessario e immutabile. Lo sappiamo ma non lo “sentiamo”. Non e’ piacevole, sedersi a tavola e guardare un cadavere nel piatto; meglio, molto meglio vederci una bistecca: e basta. Se non sbaglio, in termini psichiatrici si tratta di rimozione. Grosso modo quel meccanismo difensivo che il nostro cervello mette in atto per nascondere le esperienze traumatiche e le questioni irrisolvibili. In termini volgari è il nascondere la sporcizia sotto il tappeto, girare la testa da un’altra parte, non guardare e vivere felici.
Ed è quello che ti chiedono tutti, dai genitori, agli amici, alle mogli... tutti,
ti dicono di vivere felice, anche se nessuno ti sa spiegare come fare. Sapevo poco degli allevamenti intensivi,
e dei macelli, ricordavo solo una fugace rassicurazione di mio padre da bambino. Non avevo ancora letto
nulla di queste cose, ma non ci voleva molta fantasia ad immaginare quale potesse essere la vita, e la morte
di quei poveri animali.
Intanto la questione vegetariana era diventata tale e non era più un piatto di verdure
crude. Ci ho girato attorno ancora un bel pò con la “ragione” eludendo la questione fondamentale: le urla,
l’odore del sangue caldo, gli occhi vitrei, terrorizzati del maiale sgozzato non passavano ancora dalla
barriera del mio cervello. Ragionavo in termini di compatibilità, di riduzione del danno. Mangiare carne una
volta la settimana era meglio che mangiarla ogni giorno a pranzo e a cena (ed è verissimo); ma era ancora
una mediazione dall’esterno: stavo nel mondo dei normali, ascoltavo e riconoscevo queste altre ragioni come
meritevoli di attenzione. Punto. Il tarlo però lavorava e la carne la compravo solo per quegli incorreggibili
carnivori con cui convivevo. Vegetariano a casa e da solo si, ma a cena fuori no. Sarebbe stato necessario
spiegare una storia troppo lunga, e poi chissà come ti avrebbero guardato! Ricordo che una volta, messo alle
strette, sono quasi arrossito nel confessare il “grande oltraggio”. Così sono stato un veg clandestino per
diversi anni. Dovevo convincermi fino in fondo, saper rispondere ai mille perchè, dovevo accettare il fatto
che non tutti avrebbero capito (come in effetti è stato); dovevo convincermi, fino in fondo, e non solo a
parole.
Guardi la città in lontananza con tutte le sue luci, le macchine che corrono, il cielo già scuro solcato di
nubi venate di porpora e violetto; pensi alla gente che si diverte, ai ragazzi che fanno l’amore, che cantano
nelle birrerie, che vanno al cinema, che discutono e ridono... In fondo il nostro mondo è bello, e pensare che è
costruito sul quotidiano massacro di milioni di creature come te, che come te provano felicità e come te
soffrono e hanno paura; creature come quel saccotto di pelo che ti fa le fusa sulle ginocchia, è troppo difficile
da accettare e sopportare.
E poi a un tratto, nulla è più uguale a prima, la tua brava scala dei valori la ritrovi
completamente sballata, capisci che quel “nostro mondo” è uno schifo immensamente più grande di quanto
avessi mai potuto immaginare, che quel “nostro mondo” non è più il “tuo” mondo. Capisci che di giusto
non c’è niente che si fondi sul dolore e sulla sofferenza, che non c’è buona causa che giustifichi un crimine:
mai.
Com’era semplice in fondo, bastava ascoltare il proprio cuore, e non le parole degli uomini. E a un tratto finalmente sei libero, ti trovi fuori dalla bolla opaca della normalità, hai occhi e orecchie per ascoltare e per guardare, e mani e testa per fare. Per ascoltare il rumore del vento e il lamento di un cucciolo, per guardare milioni di occhi che non avevi mai guardato prima. Sei libero perchè non sei più complice. Sei libero e forse solo, ma potrai abbracciare finalmente il te stesso, cui hai aperto la porta della gabbia in cui era rinchiuso; potrai abbracciare un animale senza dovergli nascondere di avergli mangiato il fratello.
Io ho sempre avuto le galline che non sono affatto animali stupidi: ti riconoscono benissimo, si fanno accarezzare e ti saltano anche in braccio (naturalmente, non tutte: ognuna ha il proprio carattere): le mie, da quando frequentavo la terza elementare ed un giorno mi ⤽sono imposta", morivano di vecchiaia. Per cui talvolta mia nonna si doveva far regalare le uova da qualche amica perchè le nostre galline erano in menopausa. Siamo arrivati ad avere 5 galli in un pollaio! E la convivenza tra loro era abbastanza pacifica. Un inverno, particolarmente freddo, una gallinella america (sai, quelle piccoline), tutta nera e un pò selvatica è scomparsa: francamente pensavamo che una faina se la fosse mangiata ed, invece, un bel giorno sentiamo pigolare: 11 pulcini nel sottotetto! In pieno inverno! E' finita che abbiamo portato pulcini e chioccia in casa -per la gioia di mia nonna!!- in quella che era considerata la sala da pranzo vicino al termosifone e là sono rimasti per diverse settimane in una cesta con il fieno.
Ho qualche fotografia delle mie galline e, quando mi ricapitano in mano, mi ricordo ancora qualche nome: logicamente tutte avevano un nome che gli davo sulla base del loro carattere e di qualche caratteristica fisica. Negli anni c'è stato anche un pulcino che ho personalmente allevato perchè abbandonato dalla chioccia, benché fosse figlio unico: lo avevo chiamato Rotondino (a proposito di nome: già da piccolo, lui non era magro!!). Era fantastico: mi riconosceva e mi seguiva ovunque come la famosa oca Martina di Conrad Lorenz! Povero Rotondino: è morto per un incidente...era talmente grosso e pesante che saltando da un bastone all'altro (ne avevano parecchi su cui posarsi all'interno della casetta di legno in cui andavano a dormire) è rimasto impiccato. L'abbiamo trovato morto un mattino...e francamente non poche lacrime sono state versate su quel gallo.
Nerina, Paperina, Rosetta e Lallo, Stella d'Oro, Grigino, Bianchina, Stella...praticamente un passato da "allevatrice" di galline. Naturalmente scorrazzavano libere in un grosso recinto con la terra (veramente all'inizio era un prato ma dopo generazioni di razzolatriciâ¤?.di erba ce n'era ben poca) con una casetta in legno per la notte, rigorosamente verandata per ripararsi nelle giornate di pioggia; una seconda tettoia dove tenevamo anche la legna per l'inverno, più un albero di castano nel centro ed uno a lato...ombra e fresco naturale per l'estate! E quasi tutti i giorni -stagione permettendo- le portavo "al pascolo" nel prato adiacente e, spesso, scappavano alla sorveglianza e finivano nella zona in cui coltivavamo l'insalata...sempre per la gioia di mia nonna.
Avevano 5 nidi (cassette in legno riempite di fieno...che preferivano nettamente alla paglia) raggiungibili con scalette in legno (il legno è una costante di tutta la mia infanzia perchè mio nonno era ebanista e costruiva tutto) ma avevano i loro preferiti e non era raro vedere una gallina nel nido in attesa di deporre l'uovo ed un'altra sulla scaletta che aspettava il suo turno...con magari gli altri nidi vuoti!
Io, come molti, ho deciso da piccola di fare il veterinario...ma non per curare cani e gatti bensì le galline perché quando qualcuna si ammalava e con i rimedi di un tempo non si riusciva a fare niente...veniva uccisa e sepolta. Così, io decisi che volevo curare le galline...avevo 7 anni. Poi la storia è andata diversamente e, crescendo, ho scoperto che nessuno cura le gallineâ¤?ed anch'io ho finito per curare cani e gatti.
Comunque, poichè non finirò i miei giorni in città ma tornerò a vivere in campagna, credo che adotterò di nuovo qualche gallina.
Heartlings Un classico, senza dubbio il piu' completo documentario di denuncia del massacro quotidiano perpetrato dall'uomo a danno di tutti gli animali. In questo straordinario filmato non si dimentica niente: dalla fabbriche di cuccioli alla vivisezione, dai macelli, ai circhi, alle feste "tradizionali". Non si dimentica niente perche' tutto questo si tiene in nome di una autoproclamata superiorita'.
Lo pubblichiamo nella versione sottotitolata in italiano, la voce narrante e' di Joaquin Phoenix e le musiche di Moby.
Guardatelo fino in fondo...
Heartlings
Meat the Truth - Carne, la verità sconosciuta e' un documentario con le migliori e più aggiornate informazioni scientifiche sui cambiamenti climatici e il loro legame con l'allevamento di animali.
Con un linguaggio accessibile a tutti, interviste con scienziati, animazioni, statistiche, il documentario intende dare un importante contributo al dibattuto pubblico sul tema, mostrando come un'alimentazione maggiormente basata su ingredienti vegetali sia necessaria per diminuire drasticamente l'impatto sull'ambiente della produzione di cibo. Il documentario è adatto a giovani e adulti, particolarmente indicato per la visione nelle scuole superiori e nelle università.
Prodotto dalla Nicolaas G. Pierson Foundation (protagonista: Marianne Thieme; registi: Gertjan Zwanikken e Karen Soeters; soggetto di: Karen Soeters) Doppiaggio in italiano e distribuzione a cura di AgireOra Edizioni.
Meat the Truth - anteprima
Qui potete vedere la versione integrale.
Allevamenti di maiali Questo filmato e' il risultato di un'ampia investigazione di Igualdad Animal condotta tra il 2007 e il 2010 in 176 allevamenti di maiali in tutte le regioni spagnole. Non si tratta quindi di "casi isolati", ma della realta' dell'allevamento in un moderno paese europeo. Il prezzo del prosciutto e' questo. Allevamenti di Maiali
La vita emotiva degli animali da fattoria e' un documentario basato sul libro "Il maiale che cantava alla luna" di Jeffrey Masson dove vengono mostrati gli animali "da fattoria" per quello che sono realmente: esseri senzienti e non "macchine" come sono oggi considerati negli allevamenti intensivi (e non).
Nel video impareremo a conoscere questi animali, che solitamente non vengono né amati, né rispettati, ne' tantomeno conosciuti. Vedremo come vivono (vivrebbero...) in natura, e come vivono invece nella dura realtà dell'allevamento. Vedremo l'affetto che sanno dare e ricevere, la loro dignità, la loro bellezza, dentro e fuori.
Evitare il loro sfruttamento e la loro morte dipende solo da noi: basta smettere di mangiarli.
Doppiaggio in italiano a cura di AgireOra Network gentile concessione dei produttori.
La vita emotiva degli animali da fattoria
Un epilogo non c'e' e comunque non saremo noi, uomini e donne di inizio del ventunesimo secolo, a vederlo. E forse non ci sara' mai, l'uomo continuera' a sfruttare e uccidere gi animali semplicemente perche' gli fa comodo e perche' ha la forza per farlo. Contribuira' con questo a danneggiare ancora di piu' il pianeta in cui lui stesso vive, ma purtoppo non siamo abbastanza razionali, ne' tantomeno morali. Sicuramente siamo piuttosto stupidi.
E allora? Non ha piu' senso prenderne atto e vivere tranquilli considerando tutto cio' un "male necessario" o comunque una causa persa?
No, e per due ragioni.
La prima e' che non sappiamo davvero cosa siamo. Credere che la storia ci portera' ad un futuro di pace e di consapevolezza anche nei confronti degli animali e' perlomeno ingenuo, ma anche il pessimismo piu' nero non ha base alcuna. Cosa ci riservera' il futuro, se un giorno impareremo a fare scienza senza sacrificare milioni di animali, se ci metteremo in testa che possiamo mangiare e vestirci senza ammazzare nessuno, se un leone in gabbia ci fara' solo tristezza e rabbia e' un mistero che non potremo svelare.
La seconda ragione per "non farsene una ragione" e' molto semplice. Nel fare si puo' sbagliare o non raggiungere l'obiettivo. Nel "non fare" si sbaglia sempre.
Poi, ognuno di noi ha una coscienza ...e dargli retta ogni tanto ...fa bene.
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