Quel riparo di fortuna, quel cortile, quella ciotola con qualche avanzo che ogni tanto qualcuno mette; la liberta' di andarsene in giro dove e quando si vuole, la morte che arriva per una stupida malattia o un incidente. Piccoli che nascono e muoiono.
La vita di un gatto di colonia non e' una bella vita... ma e' la loro vita. E' tutto quello che per loro e' "vita" e quello che per loro e' "casa".
E anche un castello tutto d'oro non e' detto che ai loro occhi appaia tale...
Prima di tutto, dismettiamo la nostra presunzione di umani: aiutiamoli si', ma con rispetto e umilta'.
Non siamo noi i padroni delle loro vite, ne' abbiamo la chiavi della loro felicita'.
Le colonie possono essere un buon habitat per i gatti. E' vero che non godono dei comfort di una casa ne' delle cure e delle coccole degli umani (ma mica a tutti interessano...), ma sono liberi e hanno rapporti sociali; e questo per un gatto, come per tutti gli esseri senzienti, e' di fondamentale importanza. Le colonie devono pero' essere gestite: i gatti devono ricevere del cibo, delle cure quando possibile, e soprattutto bisogna controllare le nascite.
Sterilizzare i gatti non e' una scelta ma una necessita'; annullare la sessualita' e la maternita' di un animale sara' anche una "violenza" che pero' e' indispensabile per prevenire ulteriori e peggiori sofferenze. E' evidente come la crescita della popolazione felina comporti maggiori problemi di cura e rischi di ingenerare o acutizzare conflitti di convivenza con gli umani: conflitti, di cui sono sempre i gatti a pagare le conseguenze malgrado leggi e regolamenti a loro tutela.
Quella della "violenza", dell'annullamento della sessualita' e' l'obiezione "principe" alla questione della sterilizzazione. E' pero' una questione squisitamente filosofica perche' non sappiamo se e quanto un gatto soffre a seguito della sterilizzazione. Quello che invece sappiamo, e su cui possiamo avere delle stime, sono i rischi - concreti - che si corrono (o meglio che corrono i gatti) quando si catturano, si sterilizzano, e poi si reimmettono nel territorio... o peggio in un rifugio. Ne parleremo piu' avanti.
A scanso di equivoci va detto che ad oggi non esistono alternative alla sterilizzazione. Oggi l'unico modo, per il controllo delle nascite nelle popolazioni feline e' la sterilizzazione chirurgica.
La scelta piu' corretta e' quella di sterilizzare maschi e femmine, e sulle femmine praticare l'intervento di ovarioisterectomia (cioe' di asportazione dell'utero oltre che delle sole ovaie).
L'unica ragione per non sterilizzare i maschi e' economica. Si consiglia di sterilizzare anche i maschi sia per contenere la trasmissione del FIV che per evitare gli spostamenti da una colonia all'altra con i rischi connessi (incidenti, lotte per il territorio).
L'intervento di ovarioisterectomia e' preferibile alla semplice ovariectomia in quando si elimina la causa di possibili metriti (cioe' di infezioni all'utero) che su un gatto randagio, dove ovviamente non si puo' intervenire in tempo, possono avere esito fatale. Un tempo si praticava anche il semplice legamento delle tube: intervento che permetteva alla gatta di andare ancora in calore ma non di restare gravida. A parte tutto questo tipo di intervento comportava forti rischi di cisti ovariche ed altre patologie che richiedevano poi un secondo intervento. Ovvio che, specie parlando di colonie, questo intervento non ha senso.
Individuare le colonie ed entrare in contatto con i referenti (dove ci sono) e' la condizione necessaria per poter gestire il
problema attraverso la programmazione degli interventi: siano questi le sterilizzazioni, o, nel caso, interventi di sostegno ai
referenti nelle attivita' di cura. Questi contatti
non solo utili sul piano pratico, ma servono anche a "non far sentire sole" le persone che si occupano della cura
della colonia.
Il ruolo di queste persone e' fondamentale in particolar modo a valle di una campagna di sterilizzazione. E' infatti raro che si riescano a sterilizzare tutti i gatti di una colonia, o che a quella colonia non si aggreghino poi altri gatti. E' sufficiente che sfugga una gatta e dopo 6 mesi, 1 anno avremo un'altra decina di cuccioli pronti a procreare a loro volta... Di qui l'importanza di qualcuno che segua con costanza gli animali, li conosca e quindi possa intervenire o richiedere ad altri un intervento. Sterilizzare una colonia e poi abbandonarla a se stessa, e' un lavoro in gran parte sprecato perche' non duraturo. E' piu' utile intervenire dove c'e' la possibita' di dare continuita' e stabilita' alla colonia.
Le operazioni di sterilizzazione su una colonia possono sempre comportare dei rischi per i gatti: lo stress da cattura che fa "esplodere" una patologia latente; l'intervento chirurgico su un randagio di cui non si conosce la storia clinica comporta sempre dei rischi aggiuntivi; un possibile errore nelle operazioni di cattura/reinserimento...
Sono rischi relativamente bassi (anche se molto piu' alti di quelli accetterebbero sull'uomo) e bisogna fare il possibile per minimizzarli. Noi ci appoggiamo a cliniche che siano attrezzate per fronteggiare possibili complicanze durante e dopo l'intervento, rilasciamo i gatti solo dopo alcuni giorni di degenza, ecc.
Malgrado cio' saremmo dei cialtroni se dicessimo che"ma cosa volete che succeda?" . Dato che questo atteggiamento non ci piace e non lo consideriamo corretto, riteniamo doveroso informare le persone che seguono la colonia anche di questi aspetti e chiediamo loro di firmare un consenso informato
Non si tratta di "burocrazia" o di salvaguardarci da chissa' che ma semplicemente di dire le cose come stanno.
TNR sta per Trap, Neuter and Return ed e' il termine con il quale si indica l'approccio alle campagne di sterilizzazione. Al momento questo e' l'unico approccio serio, efficace e ampiamente validato sul campo, per affrontare il problema del controllo delle nascite nelle colonie feline. La sterilizzazione non chirugica, tema su cui si sta studiando, non e' ad oggi disponibile, ne' lo sara' in un futura prossimo.
Premesso che cattura e sterilizzazione non sono certo un piacere (ne' per gli operatori, ne' tantomeno per i gatti) e che comportano rischi non trascurabili, il problema del randagismo deve essere affrontato. In territori fortemente antropizzati gatti (e cani) vivono in un ambiente che di naturale ha ben poco, i metodi che Madre Natura ha previsto per mantenere l'equilibrio delle diverse specie sono stati stravolti. Non ci sono piu' i predatori, c'e' maggiore abbondanza di cibo (si', anche rovistare nei bidoni e' "cibo"), cani e gatti almeno in parte vengono curati. E non possiamo lasciare l'intero "lavoro" alle epidemie...
Deve essere chiaro che gli interventi di sterilizzazione sui randagi si fanno in ottica "protezionistica" e vanno valutati in termini di vantaggi / svantaggi per "la popolazione", e solo in secondo luogo, e "in teoria" sono un bene per il singolo individuo. I vantaggi che la sterilizzazione garantisce in termini di minor rischio di tumori e di trasmissione di malattie infettive (FIV) sono molto relativi per i randagi dove le cause di mortalita' sono spesso banali (parassitosi, incidenti, ecc) e comunque l'aspettativa di vita e' molto limitata rispetto a quella di un gatto domestico. Magari vedessimo i randagi morire per tumore...
L'unico strumento efficace e' quello della gabbia trappola (non sono normalmente in commercio: rivolgetevi ad una associazione). Si tratta di una specie di trasportino stretto e piu' lungo del normale con un meccanismo di chiusura automatica. Si mette un po' di cibo al fondo (meglio usare delle scatolette particolarmente appetitose), si arma il meccanismo, e si attende che il gatto entri di sua spontanea volonta'.
Puo' essere utile mettere una coperta che copra la gabbia in modo che sembri una specie di tana. I gatti sono in genere diffidenti, per cui a volte bisogna abituarli mettendo il cibo dentro la gabbia avendo prima bloccato il meccanismo di chiusura (con un cordino, una zeppetta sotto il predellino, ecc). Quando, dopo alcuni giorni il gatto si sentira' sicuro, si attiva il meccanismo di chiusura per la cattura.
Esistono anche gabbie radiocomandate: sono simili alle altre e differiscono per il fatto di essere dotate di un meccanismo con radiocamndo che attiva la chiusura. Queste gabbie richiedono ovviamente la presenza di un operatore, che da una certa distanza, faccia scattare il meccanismo con il radiocomando. Sono utili quando si deve catturare "proprio" quel gatto: vuoi perche' e' l'ultimo che deve essere sterilizzato o perche' deve essere curato.
Quando scatta il meccanismo e il gatto capisce di essere in trappola; com'e' naturale si spaventa e si agita, ma dopo pochi minuti, rendendosi conto che non ha vie di fuga, si acquatta in un angolo e resta vigile, nervoso, ma fermo. E' importante che la gabbia sia stretta e non permetta molti movimenti perche' in questo modo si evitano le piccole ferite che potrebbe procurarsi nei primi minuti di agitazione. L'importante e' lasciare l'animale tranquillo e coprire la gabbia.
E' bene che l'operatore assista alla cattura in modo da poter coprire subito la gabbia trappola con un telo e portarla nella struttura veterinaria preventivamente allertata evitando inutili "soggiorni" in clinica. Evitate in ogi caso di trasbordare il gatto dalla gabbia ad un trasportino: ci penseranno nella clinica a metterlo in una gabbia di degenza.
Un gatto chiuso in trappola per lungo tempo, agitato e quindi sotto forte stress, puo' incorrere in ipertemia in estate o ipotermia in inverno: entrambi questi stati possono essere fatali. Quindi mai mettere una gabbia in pieno sole d'estate o di sera in inverno e passare dopo ore (o il mattino dopo) per vedere se qualcuno e' entrato.
Quando ci si rende conto che una femmina ha appena partorito non si devono tentare catture, o comunque si deve evitare di catturare quella gatta. Chiedete sempre al veterinario di controllare il sesso e, se femmina, se ha le mammelle gonfie. In tal caso evitate la sterilizzazione e riportatela subito sul posto. I piccoli senza mamma, sopratutto nei primi giorni sopravvivono solo poche ore tra un poppata e l'altra. Salvo casi di autentica emergenza e' quindi meglio evitare le catture nel periodo delle cucciolate.
Evitate le catture multiple. E' un metodo pratico e molto utilizzato negli USA (spay days) in cui si catturano molti gatti e si sterilizzano “in serie”. Nella nostra realta' e' pero' poco applicabile in quanto non esistono strutture che possono accogliere molti gatti alla volta e in ogni caso e' un fattore di rischio aggiuntivo per quanto riguarda le “patologie infettive latenti”. Meglio uno alla volta.
Le gabbie di cattura devono sempre essere disinfettate con candeggina (almeno con quella commerciale ma pura, non diluita) e/o Virkon-S. Non effettuare la disinfezione e' un “ottimo” sistema per diffondere pericolose malattie infettive tra una colonia e l'altra (anche se non abbiamo evidenza della presenza di virus pericolosi).
Catturare i gatti con la trappola puo' fare una brutta impressione ma e' l'unico metodo efficace. Tentare di farli entrare nel trasportino, anche quando si tratta di gatti che si fanno toccare e' contraproducente. Di solito si rivoltano quando si rendono conto che li si vuole prendere e poi diventano estremamente diffidenti per cui ulteriori tentativi anche con la trappola risulteranno piu' difficili.
Altrettanto sbagliato e' tentare con i sonniferi. Il dosaggio non e' semplice, non si puo' essere sicuri di quanto farmaco effettivamente assuma l'animale, e sopratutto questi farmaci non hanno effetto immediato. Il gatto sotto l'effetto del sonnifero si puo' spostare, puo' andare a nascondersi in punti inaccessibili... e puo' correre dei seri rischi se dovesse attraversare una strada o tentare di arrampicarsi in posti pericolosi. Parliamo oltretutto di farmaci che se assunti in dosi eccessive possono essere pericolosi ...quindi e' proprio un metodo da evitare.
L'uso di "sonniferi" ha un senso solo quando si tratta di catturare un gatto in un ambiente chiuso. Ma anche in questo caso allertate sempre la struttura veterinaria in modo che possa intervenire se qualcosa va storto...
Va innanzitutto ricordato che il reinserimento nelle colonie feline e' previsto per legge, e che le colonie possono essere spostate solo per gravi ragioni e dietro il permesso dell'ASL di competenza.
Quando e' possibile, vedete di organizzarvi per un periodo di degenza di alcuni giorni post-intervento: o in clinica, o in un gabbione presso qualche volontario. Evitate la pratica di reimmettere in colonia i gatti in colonia appena svegli. E' un fattore di rischio aggiuntivo che si puo' evitare.
Il veterinario di solito ci consegna il gatto in un trasportino (sempre meglio usare quelli in metallo che hanno una chiusura piu' sicura). Giunti sul posto e' bene lasciare al gatto il tempo di capire che si trova nuovamente a casa: quindi lasciarlo nel trasportino chiuso per qualche minuto in modo che possa guardarsi attorno e poi lo si libera. E' normale che il gatto schizzi via e che non lo si veda in giro per qualche giorno.
Affidare il gatto ad un rifugio. Questa pratica la sconsigliamo fortemente e non solo perche' di rifugi ce ne sono pochi e non ci sono posti disponibili ma perche' si rischia di fare un danno ai gatti. La colonia da cui provengono e' "a rischio"? D'accordo... ma un rifugio non e' meglio. I gatti patiscono fortemente il cambio di ambiente, il dover ristabilire rapporti gerarchici con altri gatti, e non dimentichiamo che lo "stress" non e' solo un malessere psicologico ma puo' avere anche pesanti ripercussioni sulla salute (vedi possibile insorgenza di FIP). Parliamo di gatti con un'indole selvatica che hanno subito una cattura e un intervento... li mettiamo ancora in un'altro posto a loro estraneo, con compagni sconosciuti... Immaginate cosa provereste voi!
Evitate... se non c'e' "davvero" un rischio concreto ...riportateli a casa loro.
Abbiamo gia' accennato che cattura e sterilizzazione rappresentano un rischio. Vediamo ora piu' in dettaglio di quali rischi si tratta e cosa si puo' fare per limitarli. Limitarli, non annullarli.
Un gatto FIV o FeLV puo' subire lo stress anestesiologico in modo piu' pesante rispetto ad un gatto sano. Puo' aver bisogno di piu' tempo per ristabilirsi ma puo' anche avere delle altre conseguenze (es anemia, insorgenza/riacutizzazione di altre patologie latenti).
Conoscere lo stato sierologico (cioe' FIV/FeLV) sarebbe quindi utile per definire il tipo di anestesia, il periodo di ricovero e i controlli pre e post-intervento. E' un controllo tecnicamente fattibile; ha pero senso farlo solo se c'e' la possibilita' di tenere ricoverato il gatto e di affrontare i costi delle eventuali cure.
Se si fa il prelievo per il test ha senso fare anche un emocromo e profilo base.
Normalmente, chiedere di fare un preoperatorio ad un gatto di colonia viene visto come una richiesta strampalata o eccessiva ma non e' affatto cosi'. In medicina umana questi controlli si fanno per interventi piu' leggerii ...e francamentenon si capisce perche' non si dovrebbero fare su un gatto. Si', e' un costo aggiuntivo... ma magari evitate di ammazzarli invece di sterilizzarli.
Bisogna distinguere tra gatti adulti e gattini intorno ai sei mesi di eta'. Per i gattini possono essere pericolose anche le “normali” infestazioni parassitarie intestinali. Per i gatti adulti possono invece essere molto pericolose infestazioni parassitarie polmonari (aelurostrongili): se ne puo' sospettare la presenza attraverso una lastra e si possono diagnosticare attraverso un esame feci (ricerca con metodo Boermann). Una semplice lastra puo' evidenziare anche polmoniti, broncopolmoniti, ecc che comunque comportano lo stop all'intervento.
Sostanzialmente si tratta di parvovirus e coronavirus.
Un gatto puo' essere affetto dalle piu' varie patologie per cui in contesti normali si sconsiglia o si differisce la sterilizzazione. Possiamo spaziare dalle patologie delle alte vie respiratorie, a patologie croniche (renali in primis) a problemi di varia natura a carico di qualunque distretto dell'organismo. Sui “gatti di casa” e' buona pratica effettuare una visita clinica, un emocromo, un profilo biochimico di base e una lastra: se tutto a posto si procede con l'intervento.
Applicare un protocollo analogo sui randagi (costi a parte) ha senso solo se la struttura ha la possibilita' di sedare il gatto, fare immediatamente gli accertamenti, valutarli e poi andare in chirurgia. Questo e' possibile se la struttura ha un laboratorio interno e se e' organizzata per gestire questa procedura. E' chiaro che sedare un gatto per fargli lastra e prelievo, mandare gli esami in un laboratorio esterno e ricevere i risultati il giorno dopo rende impraticabile questa procedura. Questo almeno per la “routine”. Con l'occhio clinico del veterinario, e il consenso dell'associazione, si puo' pero' applicare questa procedura nei casi sospetti. Al gatto che appare in salute no, a quello che desta qualche dubbio si'.
Un protocollo che non preveda mai esami preoperatori non e' a nostro avviso accettabile (anche se perfettamente "legale").
Il rischio anestesiologico esiste sempre in qualunqe intervento ed e' di due tipi.
Una sterilizzazione e' una chirugia e deve essere eseguita in sterilita' (devono cioe' essere sterili i teli, il filo di sutura, i guanti, ecc). E' vero che i gatti sono molto resistenti alle infezioni che possono acquisire durante questi interventi, ma pero' – paradossalmente – per sterilizzare i randagi servirebbero standard piu' alti che per i gatti di casa per la semplice ragione che una infezione su un gatto di casa si puo' trattare mentre su un randagio, una volta liberato, no. Sutura: sul gatto di casa va bene il collare di elisabetta e quindi il rischio che il gatto (leccandosi) si tolga i punti anzitempo non e' un vero probelma, ma sul randagio no: questo rischio esiste. Per questo e' bene non liberare subito i gatti, ma fargli fare una degenza di una settimana per poter tenere la ferita sotto controllo.
Chiunque abbia fatto un po' di sterilizzazioni avra' avuto esperienza di “infezioni nosocomiali” che spesso vogliono dire panleucopenia. E' sempre difficile se non impossibile appurare l'origine di queste infezioni ma sicuramente ambulatori che non dispongono di gabbie “realmente” e facilmente pulibili (cioe' gabbie completamente in acciaio tipo shor-line), che non usino di norma disinfettanti efficaci contro il parvovirus (in primis ipoclorito di sodio), che “lavorano” con associazioni e quindi accolgano gatti e gattini di colonia costituscono un fattore di rischio importante. Una possibile soluzione, a salvaguardia dei gatti e dell'ambulatorio, e' quella di fornire proprie gabbie ("pulite") per il post-operatorio ...o meglio ancora a rivolgerso a strutture siano adeguate sotto questo profilo.
(1) Canine parvovirus in asymptomatic feline carriers. S.R. Clegg et al; Veterinary Microbiology dec 2011
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